Chiesa di Santa Maria della Rosa

Piazzetta La Rosa

La chiesa fu edificata dalle fondamenta nel 1611 la prima volta e poi, in forma più artistica, nel 1620 per volontà e a spese del sacerdote Giovanni Francesco De Nuccio, rampollo della nobile famiglia dei baroni di S.Leucio. L’occasione fu dovuta ad un fatto prodigioso: dall’icona della Vergine che era sopravvissuta su di un muro di un’antica cappella diroccata, esistente presso il palazzo dei De Nuccio, la Madre di Dio parlò nel 1610 ad un fanciulla del luogo lamentando l’abbandono in cui era tenuta la sua immagine. La chiesa per ospitare l’icona fu terminata e aperta al culto il 15 gennaio 1611. Il crescente afflusso di fedeli rese insufficiente la prima costruzione, per cui si mise mano all’edificazione di una chiesa più ampia, quella attuale, dedicata il 17 maggio 1620 dal vescovo Girolamo De Franchis.

Opera delle maestranze legate ai Giovanni Maria Tarantino, ha sul fronte un unico ingresso decorato con cornice e sormontato da una grande finestrone; l’ingresso laterale sembra ricavato in tempi successivi. All’interno l’unica navata è scandita da archi a sesto acuto, quattro per lato, e termina nell’area presbiteriale, più ristretta, che accoglie un artistico altare in pietra leccese scolpita, al centro del quale trova spazio l’antica icona della Madonna. Due altari laterali erano collocati sulle pareti di destra e di sinistra, uno dedicato a S.Carlo Borromeo e l’altro al SS.Crocifisso, quest’ultimo corredato di un simulacro ligneo del 1337, con le braccia penzoloni e il capo reclinato sul petto mentre i piedi sovrapposti erano confitti con un unico chiodo. La volta è cordonata e in muratura, con diffuse le insegne della famiglia De Nuccio. La chiesa era decorata con dipinti murali, di cui restano poche tracce. E’ dotata di un campanile a vela.

Accanto all’altare maggiore a destra vi è infissa la seguente epigrafe:

D.O.M.
VIRGINI MATRI DELLA ROSA
QUAE IDIBUS MAI MDCX EX HAC IPSA IMAGINE LOQUENS
TRANSEUNTEM PUELLAM
JUSSIT EPISCOPUM ADMONERE UT SE DECENTIORE LOCO
COLLOCANDAM CURARET
DICAVIT FUNDAVIT DOTAVIT XVII FEBR. MDCXI
ITERUM EXTRUXIT DEINDE A FUNDAMENTIS ANNO MDCXX
PRO ANIMA SUA ET SUORUM
ABB. JO.ES FRANCISCUS DE NUCCIO
CANONICUS NERITONEN. P.MUS CAPPELLANUS ET RECTOR
EPISCOPO HIERONYMO DE FRANCHIS.

[A Dio Ottimo e Massimo. Alla Vergine Madre della Rosa, che il 15 maggio 1610 da questa stessa immagine parlando ad una fanciulla, che passava, comandò di avvertire il vescovo perché si prendesse cura di collocarla in luogo più decente, dedicò, fondò e dotò il 18 febbraio 1611, poi di nuovo ricostruì dalle fondamenta l’anno 1620, a vantaggio dell’anima propria e dei suoi cari, l’abate Giovanni Francesco De Nuccio, canonico neritino, primo cappellano e rettore, essendo vescovo Girolamo De Franchis].

A sinistra del medesimo altare fu posta un’altra epigrafe del tenore seguente:

HIERONYMUS DE FRANCHIS PATRICIUS CAPUANUS V.I.D.
EPISCOPUS NERITONEN HOC ALTARE S.MARIAE
DELLA ROSA CONSECRAVIT EIDEM
RELIQUIAS SS.PHILIPPI APOSTOLI
LAURENTII UNUS EX SEPTEM FRATRIBUS THOMAE DE AQUINO
ARAE INCLUSIT VISENTIBUS AUTEM IPSO
CONSECRATIONIS DIE INTEGRUM
ANNUM ANNIVERSARIO DIES XL INDULGENTIAE CONCESSIT ANNO
DOMINI MDCXX PRAESULATUS SUI 3°
DIE XVII MENSIS MAI.

[Girolamo De Franchis, nobile capuano, dottore nelle due leggi, vescovo di Nardò, quest’altare di S.Maria della Rosa consacrò e vi rinchiuse le reliquie dei Santi Filippo Apostolo, Lorenzo, uno dei Sette Fratelli, Tommaso d’Aquino; a chi poi visita il tempio concesse le indulgenze di un anno intero nel giorno stesso della consacrazione e di quaranta giorni nell’anniversario, l’anno del Signore 1620, terzo del suo episcopato, il 17 maggio].

Intorno al 1659 vi fu affiancato un piccolo monastero di clausura per le Carmelitane Scalze, che successivamente si trasferirono, non si sa per quale ragione (forse per l’angustia del monastero o perché la chiesa continuava comunque ad essere di patronato laicale e gestita del clero secolare), a poca distanza, dove costruirono la chiesa di S.Teresa.

Il terremoto del 20 febbraio 1743 non apportò danni alla chiesa; per tale ragione in essa si trasferì temporaneamente la Confraternita di S.Giuseppe, che aveva avuto la propria chiesa disastrata, e vi rimase a lungo, almeno fino al 1764, costruendovi un proprio altare dedicato a S.Giuseppe. Il vescovo Marco Petruccelli aveva in quell’anno dichiarato interdetti tutti gli altri altari della chiesa di S.Maria della Rosa, per cui quello di S.Giuseppe fu l’unico su cui era possibile celebrare. Evidentemente la chiesa a quel tempo era già in una situazione di decadenza.

Privata della sua dotazione dopo l’unità d’Italia e rimasta abbandonata, la chiesa venne privatizzata e trasformata in magazzino di botti di vino fin quando nel 1982 i proprietari non l’hanno ridonata alla Diocesi, che ha provveduto al suo restauro.