Chiesa della B.V. Maria Immacolata

Corso Garibaldi
Foto di A. Mazzarella (Flickr)
Foto di A. Mazzarella (Flickr)

Fino alla metà del sec. XIX il titolo della chiesa era quello di S.Francesco d’Assisi, già appartenente al soppresso convento dei Frati Minori Conventuali. Il vescovo Luigi Vetta per ampliare il Seminario Diocesano abbattè la chiesa della B.V.Maria Immacolata, che era attigua allo stesso, e trasferì il titolo e la Confraternita nella chiesa di S.Francesco, che nel frattempo aveva fatto restaurare e  coprire con una volta in muratura.

La chiesa ha origini molto antiche. Essa sorge a ridosso dell’antico castello medioevale, concesso dal re Carlo I d’Angiò tramite il barone Filippo Tuziaco nel 1271 ai Frati Minori Conventuali, che vi erano giunti intorno al 1765. Vi costruirono il convento e la chiesa, la quale era in muratura con copertura in legno. Della costruzione originaria restano solo poco tracce, riconoscibili nella struttura attuale, che risente molto di un intervento di ricostruzione quasi globale avvenuto tra il 1578 e il 1587 ad opera delle migliori maestranze locali rappresentate dai fratelli Angelo e Vincenzo Spalletta, Giovanni Maria Tarantino, Sansone ed Ercole Pugliese, Tommaso Riccio. Gli Spalletta e i Pugliese sono quelli che hanno lasciato maggiormente la loro impronta, se sulla facciata del 1580 hanno apposto, quasi una firma, le loro sigle: SP nei due scudi ancora visibili. Negli documenti conservati nell’archivio diocesano al titolo di “S.Francesco d’Assisi” spesso è aggiunto l’appellativo “della scarpa”, per intendere che la chiesa e il monastero sono costruiti sulla scarpata dell’antico castello.

La facciata è imponente per altezza e per decori e rivela l’impronta tipica del manierismo proprio di Giovanni M. Tarantino e dei mastri costruttori a lui associati, soprattutto gli Spalletta e i Pugliese. Ha un solo ingresso, sul quale in una nicchia vi è la statua dell’Immacolata affiancata da due angeli. Al centro un rosone, che potrebbe essere anche di epoca anteriore unitamente all’agnello che si vede appena al di sotto del cornicione che è posto sopra la nicchia dell’Immacolata.  Spiccano sulla facciata due tori affrontati (il toro è l’emblema civico), un profilo (probabilmente del duca dell’epoca), due scudi con le lettere S e P. Alleggeriscono la costruzione quattro coppie di paraste binate sulla parte inferiore, che racchiudono due nicchie (di cui una sola attualmente ospita una statua) e che continuano con altrettante lesene sul piano superiore al centro delle quali vi sono altre due nicchie al presente vuote, collegate da un elegante festoncino.  

L’interno presenta un’unica aula, abbastanza ampia, affiancata da tre cappelle laterali per parte, culminante nell’area presbiteriale absidata, definita anteriormente da un arco di gusto angioino-durazzesco. L’altare maggiore era in marmi policromi, di gusto settecentesco, realizzato dai baroni Personé. Fu smembrato nel decennio successivo al Concilio Vaticano II. Un grande dipinto ad olio su tela, raffigurante l’Immacolata, sovrastava l’altare maggiore ed occupa al presente il fondo dell’abside.

Il primo altare laterale a sinistra entrando è dedicato alla Presentazione di Maria al Tempio. In origine sembra fosse dedicato a S.Gregorio, patrono della Città.  E’ in pietra leccese e stucco e fu realizzato al tempo del vescovo Francesco Carafa (1736-1754), il cui stemma è posto in cima alla pala. Il dipinto ad olio su tela, che illustra il mistero a cui è dedicato l’altare, era in origine di forma ovale e proviene dall’antica chiesa dell’Immacolata; gli fu conferita la forma rettangolare per adattarlo al presente altare. Un altro dipinto ovale, raffigurante la Presentazione di Gesù al Tempio, proviene allo stesso modo dall’antica chiesa dell’Immacolata ed è impropriamente collocato al centro del fastigio del presente altare.

Il secondo altare laterale di sinistra è dedicato all’Annunciazione. La maestosa macchina dell’altare in pietra leccese può essere ricondotta allo scultore Giuseppe Longo da Lecce, autore nella seconda metà del sec. XVII di altre opere monumentali nella Città. Al centro dell’altare vi un dipinto ad olio su tela raffigurante l’Annunciazione, in origine di forma ovale e poi adattato alla forma rettangolare della pala, proveniente esso pura dall’antica chiesa dell’Immacolata. Sul frontone vi è un altro dipinto ad olio su tela raffigurante la Maddalena. Accanto all’altare vi sono due statue in pietra leccese raffiguranti rispettivamente S.Vito martire e S.Antonio di Padova; altre due statue sono sulla cimasa dell’altare e raffigurano S.Oronzo e S.Gregorio Armeno. Al di sopra della pala dell’altare campeggia l’insegna araldica della famiglia Spacciante. Sui muri che fiancheggiano l’altare vi sono due lastre scolpite con epigrafi non più leggibili.

Il terzo altare laterale di sinistra è dedicato alla Natività della Vergine. E’ in pietra leccese e stucco e appartiene all’epoca del vescovo Carafa, come il primo altare citato. Al centro vi è la pala, costituita da un dipinto ad olio su tela, col lato superiore mistilineo, del sec. XVIII, raffigurante il mistero cui l’altare è dedicato. Sulla cimasa vi è un altro dipinto ad olio su tela, sempre del sec. XVIII, raffigurante S.Giovanni Battista.

Il terzo altare di destra è dedicato all’Assunzione di Maria SS. al cielo. La splendida macchina d’altare è arricchita oltre che da quattro colonne salomoniche anche da due statue poste affianco alla pala raffiguranti S.Francesco da Paola e S.Francesco d’Assisi e altre quattro statue poste sulla cimasa. La pala, costituita da un dipinto  ad olio su tela, raffigura il mistero cui è dedicato l’altare. Un altro dipinto ad olio su tela, raffigurante S.Gregorio Armeno, è posto al centro della cimasa. Sul muro che fiancheggia l’altare vi è una lapide in pietra leccese decorata, recante la seguente epigrafe:

D.O.M.
SACELLUM HOC
DEIPARAE IMMACULATAE CONCEPTIONIS
A FRATRIBUS CONFRATERNITATIS DICATUM
BARO JOANNES VINCENTIUS
DE VETUSTISSIMA NOBILE FAMILIA DE S.BLASIO PRIOR
IN HAC NOVAM REDEGIT FORMAM
PROPRIO AERE PROPE FAMILIARE SEPULCRUM
ANNO 1702
QUISQUIS ES CIVIS AUT HOSPES VIRGINEM VENERANDO
VIRTUTUM ET PIETATIS NON IMMEMOR

[A Dio Ottimo Massimo. Questa cappella, all’Immacolata Concezione della Madre di Dio dedicata dai membri della Confraternita, il priore barone Giovanni Vincenzo dell’antichissima nobile famiglia Sambiasi rifece nella forma attuale a proprie spese, presso il proprio sepolcro gentilizio. Chiunque tu sia, cittadino o forestiero, nel venerare la Vergine non dimenticarti delle sue virtù e del suo amore].

Dall’epigrafe si evince che in origine l’altare apparteneva alla Confraternita dell’Immacolata ed era dedicato alla propria titolare.

Il secondo altare a destra, grandioso come il precedente e della medesima fattura sia per stile che per materiale, è dedicato attualmente a S.Rita da Cascia, della quale vi è un bassorilievo in cartapesta del leccese Giuseppe Manzo al centro dell’altare in luogo del consueto dipinto. Sono quattro le colonne salomoniche che compongono la macchina dell’altare, disposte non sulla medesima linea. Tra le colonne e il muro laterale vi sono a destra la statua di S.Rosa  e a sinistra la statua di S.Chiara. In alto sui plinti vi sono altre due statue, raffiguranti rispettivamente S.Giovanni da Capestrano e S.Antonio di Padova e al centro della cimasa un dipinto ad olio su tela raffigurante S.Orsola. Sulla sommità della cornice centrale vi è lo stemma francescano. L’altare era in origine dedicato alla Presentazione della B.V.Maria.

Il primo altare a destra, in pietra e stucco, realizzato durante l’episcopato di Francesco Carafa, è dedicato a S.Giuseppe da Copertino, il cui dipinto ad olio su tela campeggia al centro della pala. La dedicazione al Santo copertinese è probabilmente dovuta al fatto che proprio in questa chiesa S.Giuseppe, appartenente al suo ordine religioso, ebbe un’estasi che lo vide elevarsi da terra come spesso gli accadeva. In alto sulla cimasa vi è un’altra di pinto ad olio su tela, raffigurante la Visita della Vergine a S.Elisabetta, a cui era in precedenza dedicato l’altare. La forma ovale della tela, tuttavia fa pensare che provenisse, insieme con molti altri dipinti presenti in questa chiesa, dall’antica chiesa dell’Immacolata ora distrutta.

Sulla controfacciata vi è un’orchestra, poggiante su pilastri e colonne, sulla quale trova posto l’antico organo a canne, degli inizi del sec. XVII, proveniente dall’antica chiesa dell’Immacolata.

In sacrestia vi è un altro altare in pietra e stucco, con al centro un dipinto ad olio su tela raffigurante il beato Andrea Cacciolo Ispella e con la seguente epigrafe collocata sulla cimase dell’altare:

D.O.M.
B.ANDREAE CACCIOLI HISPELLAE
OB PLUVIAE CONGRUENTIS BENEFICIA
SANCTO DE AQUA VULGARITER NUNCUPAT.
HOCCE SACELLUM
CENSU PAUPERRIMUM
LYPSANIS EIUS DITISSIMUM
COENOBIII HUIUS ASCETAE
DEVOTIONIS ERGO POSUERE
A.D.MDCCXLVII

[A Dio Ottimo Massimo. Al beato Andrea Caccioli Ispelle, detto volgarmente il Santo dell’acqua per i benefici della pioggia abbondante, questa cappella, poverissima in quanto a rendite, ricchissima per le sue reliquie, i religiosi di questo convento eressero perciò per devozione, l’anno del Signore 1747]

Vi si conserva una pregevole statua lignea dell’Immacolata, opera di Giuseppe Picano della seconda metà del sec. XVIII.

Il poderoso campanile a torre fu realizzato da Giovani Maria Tarantino nel 1598.