Chiesa di San Giuseppe

Piazzetta S. Giuseppe

sangiuseppe-esterno-webLa prima chiesa dedicata a S.Giuseppe Patriarca in Nardò fu in realtà un oratorio a servizio dell’omonima Confraternita, fondata nel 1621. L’oratorio fu realizzato nel 1622 nel sito dov’è l’attuale, accanto all’antica chiesa di S.Aniceto.

Tra il 1637 e il 1640 all’oratorio fu sostituita una nuova fabbrica, presumibilmente più grande, comprendente tre altari come è testimoniato negli Atti della Visita Pastorale del 1657: oltre all’altare maggiore dedicato a S.Giuseppe, vi era a destra entrando un altare laterale dedicato a S.Oronzo e a sinistra un altro altare laterale dedicato al beato Gaetano Thiene. Vi erano anche il pulpito, l’organo e il confessionale. La chiesa, ad unica navata, era coperta da una volta in muratura e aveva una porta collocata sul lato destro entrando, che la metteva in comunicazione con l’antica chiesa di S.Aniceto, divenuta “oratorio” della Confraternita, in cui vi era un altare con un Crocifisso in cartapesta policroma, databile alla prima metà del sec. XVII.

Nel 1678 il vescovo Orazio Fortunato verifica la condizione di degrado in cui è caduta la chiesa e ordina di abbattere i due altari laterali, perché privi di benefici che potessero consentire le riparazioni, lasciando tuttavia collocate al loro posto le immagini dei Santi cui erano dedicati. Il vescovo Sanfelice nelle Visite Pastorali del 1714 e del 1723 rileva la presenza nella chiesa di due altari: quello maggiore, dedicato a S.Giuseppe, e un altare laterale dedicato a S.Oronzo; evidentemente il precedente altare o non fu abbattuto o fu ricostruito.

sangiuseppe-interno-webIl terremoto del 20 febbraio 1743 lesionò gravemente la chiesa, tanto che la Confraternita fu costretta a trasferirsi temporaneamente nella chiesa di S.Maria della Rosa. Per la ricostruzione furono acquisiti nuovi spazi intorno al sito dell’antica chiesa, onde realizzare un edificio di più ampie proporzioni.

I lavori iniziarono dopo il 1744 e dovettero concludersi nel 1758, data che è stata incisa sulla facciata. La struttura si ispirava a quella della chiesa di S.Giuseppe da Copertino in Copertino e rappresentava una rielaborazione della chiesa di S.Maria della Purità di Nardò, opera di Ferdinando Sanfelice. La costruzione è attribuita ai fratelli Preite di Copertino con la probabile collaborazione dei De Angelis di Nardò, ma originari di Corigliano. Il nuovo edificio corrispondeva a quello attuale, salvo la copertura che era in legno e tegole, con controsoffitto a cassettoni. Oltre all’altare maggiore e a quello di S.Oronzo, comparve un nuovo altare laterale dedicato dapprima a S.Agata e poi a S.Apollonia.

Le precauzioni usate per salvaguardare il tetto dalle intemperie non furono evidentemente efficaci, se nel 1788 si dovette intervenire a sostituirlo integralmente con una nuova copertura in muratura su tamburo turrito ottagonale, sul modello di quello realizzato sulla chiesa di S.Giuseppe da Copertino in Copertino. A memoria dell’intervento fu apposta sulla sommità della porta d’ingresso, dalla parte interna, un’epigrafe del tenore seguente:

SACELLUM VETUS
TERREMOTU IX KAL: MAR 1743 CUM FERE URBE TOTA
DEFECTUM MAIUS PRESTATIUS FORMA MAGNIFICUM SODALITIJ ARE
RESTITUI LAQUEARE IN APPLUMBATUM FRUSTRA QUIN IMBRICUM DILABET
TESTUDINEM STRUCTURAM IMAM TURRITUM SAXO MOLIRI COMITIALES
1788

[Il vetusto tempio, dal terremoto del 20 febbraio 1743 con l’intera città  compromesso, in forma più ampia, più solida e più splendida fu ricostruito a spese della confraternita e il soffitto a cassettoni, inutilmente sigillato col piombo dal momento che la pioggia ha rovinato il tetto e la parte bassa della struttura, in muratura a forma di torre fu ricostruito dal comitato nel 1788]

E’ probabile che la ricostruzione della copertura abbia comportato delle modifiche anche sulla parte elevata della facciata.

La chiesa a croce greca, con gli angoli smussati all’interno al punto da apparire ottagonale, è a navata unica, con quattro brevi bracci, nel primo del quale vi è il portale d’ingresso e negli altri tre l’altare maggiore e gli altari laterali.

L’altare maggiore è costituito da uno splendido retablo in pietra leccese riccamente scolpita, appartenente alla metà del sec. XVII e da un nuovo altare in pietra e stucco, riferibile alla metà del sec. XVIII. Il retablo è composto da quattro colonne salomoniche, appaiate a due a due, al centro delle quali vi è da una parte la statua di S.Giovanni Evangelista e dall’altra la statua di un martire non meglio identificabile. Alle spalle delle colonne vi sono delle paraste, con sopra incise delle lettere, che sembrano appartenere ad un’edizione precedente del medesimo altare. Al centro si staglia il dipinto ad olio su tela raffigurante S.Giuseppe, attribuito al neritino Ortensio Bruno (I metà sec. XVII). Sul fastigio vi è un bassorilievo raffigurante la Fuga in Egitto, affiancato da due statue: una dell’Angelo custode e l’altra di S.Teresa di Gesù.

I due altari laterali sono in pietra e stucco e hanno un andamento concavo; sono costituiti da due colonne con capitello, poste all’esterno e al centro due lesene con capitello che inquadrano la pala; il fastigio è costituito da due plinti curvilinei che reggono un timpano e inquadrano una tela, avendo ai lati due angeli seduti ciascuno su di una voluta. L’altare di destra entrando ha sulla pale un dipinto ad olio su tela raffigurante S.Apollonia, attribuito a Domenico Antonio Carella (1728-1813); sul fastigio vi è un altro dipinto ad olio su tela raffigurante S.Agata, attribuito a Domenico Antonio Carella. L’altare di sinistra ha sulla pala un dipinto ad olio su tela raffigurante S.Oronzo, attribuito al neritino Nicola Maria De Tuglie (1600-1669); sul fastigio vi è un altro dipinto ad olio su tela raffigurante S.Gaetano Thiene, attribuito a Domenico Antonio Carella.

Sullo spigolo smussato tra l’altare maggiore e quello di S.Apollonia vi è il settecentesco organo a canne di Carlo Sanarica, con tre dipinti ad olio su tela collocati sulla balconata e raffiguranti rispettivamente Il sogno di Giuseppe, L’Adorazione dei magi e L’annuncio della fuga in Egitto. Dall’altro lato vi è il pulpito ligneo con sulla balaustra un dipinto ad olio su tela raffigurante L’adorazione dei pastori  e sulla spalliera un altro dipinto ad olio su tela, di forma ottagonale, raffigurante La Santa Famiglia di Nazareth.

La volta in muratura poggia su un tamburo ottagonale ed ha una geometria complessa: si presenta come una cupola emisferica, intersecata sui quattro lati maggiori dalle unghie di una volta a spigolo e sui quattro smussi dai fusi di un padiglione intersecati da lunette a sesto acuto. Nelle quattro unghie sono collocati quattro dipinti ad olio su tela, opera di Saverio Lillo (1734-1796), raffiguranti rispettivamente i Quattro Evangelisti.

La singolarissima facciata ha un andamento convesso, di chiara derivazione borrominiana. E’ composto in due ordini:

  • quello inferiore è ritmato da sei paraste con capitello composito, delle quali le due centrali inquadrano il portale recante sulla sommità dell’archivolto un cartiglio con un monogramma non decifrabile e la data del 1758 in lettere romane; il portale è sovrastato da un timpano curvilineo su cui si apre una finestra mistilinea, il tutto arricchito di decori;
  • quello superiore, a bandiera, è molto più decorato di quello inferiore; il corpo centrale è occupato da un grande finestrone, con un fastigio culminante in una testa di putto sotto la quale vi è un cartiglio con sopra incisa l’epigrafe:

DE DOMO DAVID
[Della stirpe di David]

che rappresenta il motto della Confraternita; sul soprastante timpano spezzato vi è al centro un bastone fiorito, simbolo della genealogia di Cristo, affiancato da due foglie di palma e sormontato da una corona; il corpo centrale è raccordato attraverso sinuose cimase a due piedistalli, che si ergono ai bordi della facciata, di cui uno è vuoto e l’altro presenta una statua fortemente erosa e irriconoscibile.